Cambiamento, ecco un’altra parola che spaventa la maggior parte delle persone, eppure fa parte della nostra vita. Quotidianamente, infatti, siamo portati a cambiare anche senza rendercene conto.
Crescono velocemente i bambini, le piantine alle finestre, inesorabilmente il tempo lascia segni quasi impercettibili anche sul nostro volto.
Il tempo muta, pian piano, le nostre fisionomie e noi viviamo questo cambiamento inconsapevoli, finché un giorno, all’improvviso, ci rendiamo conto che non siamo più gli stessi di qualche tempo prima.
Il cambiamento è una costante nella vita di ciascuno. Può essere lento, quasi impercettibile, oppure veloce e repentino ma una cosa è certa, nell’arco della vita siamo continuamente sottoposti al cambiamento.
Alcuni cambiamenti sono fisiologici, come la crescita, l’avanzare dell’età, le competenze da acquisire, i diversi bisogni da soddisfare.
Esistono cambiamenti dettati dalle nostre scelte: il corso di studio, il lavoro, il partner, la casa, la città in cui vivere.
Esistono cambiamenti improvvisi, che arrivano come un lampo a ciel sereno e cambiano la nostra quotidianità velocemente senza possibilità di scelta se non quella di subire passivamente o gestire il cambiamento a nostro favore.
Solitamente i cambiamenti più difficili da gestire sono quelli legati a eventi tristi e dolorosi che non sono dipesi e da noi e che noi non possiamo cambiare. In questi casi l’unica cosa che possiamo fare è metabolizzare il dolore e aspettare che la ferita cicatrizzi.
Ci sono cambiamenti che, pur non programmati, di per se, non sono negativi, come l’arrivo di un figlio o un cambiamento sul lavoro, tutti gli eventi sono vissuti soggettivamente.
È la sorpresa, l’essere impreparati, che può far paura.
Questi eventi ci obbligano ad un repentino cambiamento delle abitudini che, a volte, non danno nemmeno il tempo di comprendere cosa stia succedendo e per questo, non siamo programmati. Non essere programmati significa che il nostro cervello mette in atto dei meccanismi di resistenza che fanno parte della natura umana, necessari allo sviluppo della capacità di adattamento e della sopravvivenza; l’obiettivo è proteggersi dai pericoli per la salvaguardia della specie.
L’istinto di conservazione è proprio quell’istinto primario che sviluppa il meccanismo della resistenza al cambiamento, la sua funzione naturale è quella di tenerci al sicuro e garantire la sopravvivenza.
Cambiare significa andare verso l’ignoto, verso il pericolo.
Non a caso le regole sociali sono riconosciute come sicure e chi è “fuori dagli schemi” , rischia di mettere in pericolo la specie perché le sue caratteristiche non garantiscono la salvaguardia e la sopravvivenza, per questo è visto con sospetto.
Quali sono i più comuni meccanismi di resistenza al cambiamento?
Sicuramente gli AUTOMATISMI, che sono quelle azioni che compiamo naturalmente ma in realtà sono abilità acquisite più o meno consapevolmente: camminare, parlare, aprire o chiudere una porta ma anche leggere, scrivere, guidare, sono attività che un tempo non sapevamo fare ma che, una volta apprese, svolgiamo spontaneamente.
Gli automatismi hanno la funzione di liberare la mente da pensieri superflui che altrimenti impiegherebbero tempo ed energie inutilmente, sono utili per le azioni quotidiane. Il nostro cervello le ha assimilate talmente bene che, cambiarle, richiederebbe uno sforzo anche maggiore, di quello impiegato per acquisirle; pensiamo solo alla difficoltà di adattarsi ai cambi di orari nelle fasi di sonno e di veglia.
Maggiore è il cambiamento maggiore sarà la difficoltà di abituarsi ai nuovi ritmi.
Di fronte ad un cambiamento immediato, gli automatismi sono quelle abitudini difficili da eliminare, che risultano ostacoli determinanti.
LA PROCRASTINAZIONE è un altro meccanismo molto comune e radicato. Riguarda il rimandare in continuazione le cose importanti e spesso risolutive da fare; un ostacolo enorme, davanti alla necessità di cambiare abitudini. Quando si dice “lo faccio dopo” in realtà non si pensa di non farlo, ma di farlo, prima o poi, un rimandare che ci mette in pace con la coscienza.
Rimandare implica cercare delle auto-giustificazioni:
- le cose più urgenti da fare. Ci convinciamo che è più urgente fare qualcos’altro che richiede meno fatica mentale, qualcosa che si fa in modo quasi automatico e che ci da la sensazione di aver fatto qualcosa di utile e importante. In realtà sono vere e proprie scuse per non fare ciò che invece è più difficile e impegnativo;
- razionalizzare i motivi per non iniziare. Cerchiamo in tutti i modi di auto convincerci che non è una buona idea con motivazioni ragionevoli e logiche e attraverso giri inutili e nessi inesistenti;
- dubbi, paure e ansie. La paura è molto utile per valutare i rischi ma diventa una cattiva consigliera quando prende il sopravvento e ci impedisce di realizzare i nostri piani, quando blocca la strada ancora prima di partire.
Determinare significa iniziare ora, non domani, non il mese prossimo, non al “momento giusto” che non arriverà mai, si cambia ORA e si aggiusta strada facendo.
La resistenza al cambiamento subisce il rinforzo dei PENSIERI IRRAZIONALI che sono quei giudizi che diamo a noi stessi attraverso il DIALOGO INTERNO. Frasi come: “sono sempre il solito” o “non ce la farò mai”, sono giudizi che ci diamo sulla base dei nostri modelli di riferimento: genitori, insegnanti, fratelli o sorelle, e sono legati alle nostre esperienze. Nella stessa categoria rientrano i PREGIUDIZI, i LUOGHI COMUNI e le FALSE CREDENZE che derivano da usanze e modelli sociali tendenti a mantenere la stabilità.
I pensieri irrazionali sono quindi legati a tutti quegli STEREOTIPI inutili e non logici che bloccano il bisogno di cambiamento, per paura di essere giudicati per i nostri errori e i nostri fallimenti, per paura di non essere riconosciuti validi socialmente. La cultura occidentale è fondata sulla visione dell’errore e del fallimento come eventi che generano una “macchia” e non come un vantaggio, un insegnamento.
Sbagliare, Fallire e Riprovare sono le fasi principali dell’apprendimento.
Solo chi non fa non sbaglia e solo chi non cade non impara a risollevarsi.
Tutti i meccanismi di resistenza al cambiamento sono utili e importanti per la salvaguardia della specie ma diventano degli ostacoli nel momento in cui la sopravvivenza, la crescita e l’evoluzione sono legate al cambiamento.
Succede spesso che quello che aveva funzionato bene fino a quel momento, ad un certo punto non funziona più. Può essere cambiato il contesto, magari per una crisi economica, o in seguito ad un’innovazione tecnologica che ha reso obsoleto ciò che prima non lo era.
Necessità e motivazione sono fondamentali per decidere di affrontare un cambiamento.
Solo chi avverte il cambiamento come necessario per la propria sopravvivenza e per la propria crescita, è disposto a mettersi in gioco e rischiare di fallire, anche più volte, allo scopo di raggiungere uno stato di benessere maggiore.
Solo chi ha uno scopo importante decide di lasciare la strada vecchia e mettersi in cammino alla ricerca di nuovi percorsi.
Nadia
26/04/2020